Un'immagine vale più di mille parole.
Quelle immortalate qui sopra, sono le mie scarpe distrutte dalla due giorni metallica bolognese.
Sì, due giorni. Purtroppo, per cause non dipendenti dalla mia volontà (come si ostinava a ripetere Franco Lauro durante le numerose disconnessioni satellitari di Germania-Turchia), il Gods of Metal si è concluso prima del previsto. In questo preciso istante, probabilmente, si staranno esibendo gli Obituary di John Tardy o i Morbid Angel del buon Trey...
Vabbè, per stavolta è andata così. Di cose da dire ce ne sono comunque parecchie.
Partiamo da Venerdì:
La grande attesa per il Somewhere Back in Time Tour degli Iron Maiden comincia alle 12 in punto con i Kingcrow. Non vi saprei dire molto in merito, visto che a quell'ora ero in fila ai cancelli (sempre toppo pochi: 2 per 35.000 persone!) sotto le scudisciate del sole cocente di metà giornata. La pessima organizzazione riesce a farmi perdere anche il gruppo successivo (tali Black Tide), spalancandomi le porte del Parco Nord giusto in tempo per:
Lauren Harris:
La DJ Francesco dell'heavy metal made in England si presenta sul palco in forma smagliante; peccato che non la digerisco. Non tanto per lo scialbo rocchettino proposto (ben suonato, tra l'altro) ma per il fatto di rappresentare tutto il contrario di ciò che - a mio ingenuo avviso - dovrebbe essere questo tipo di musica: passione, sudore, jam session nei garage, concerti nelle peggiori bettole possibili. Lauren, cocca di babbo Steve, è subito saltata ai grandi festival (nei quali suonano anche gli Iron, ovviamente), rifuggendo la gavetta in ogni sua forma. Ad ogni modo, su una cosa siam tutti concordi: 'azzo se è gnocca!
Airbourne:
Gruppetto divertente impostato su un granitico quattro quarti. Piacevoli ma nulla di più...
Apocalyptica:
Una bella sorpresa. Devo ammettere che non nutrivo molte speranze a proposito del quartetto di archi finlandese. Invece, fin dalle prime note, sono stati capaci di coinvolgere il pubblico, riproponendo diverse cover di Metallica e Sepultura. Ascoltare le loro versioni di Refuse/Resist e Creeping Death (tanto per citarne un paio) è stata un'esperienza, così come vederli all'opera. Bravi e particolari.
Rose Tattoo:
Li ho ascoltati a distanza, mentre mi rifocillavo per fronteggiare la serata. Purtroppo, la cena è stata funestata dal triste spettacolino messo in piedi da alcune teste di cazzo convinte che entrare senza biglietto fosse un loro diritto. Quando uno degli addetti alla sicurezza tenta (giustamente) di respingerli, il più esagitato sbrocca di brutto e rompe alcune bottiglie di birra per utilizzarle come armi improprie. Fortunatamente, dopo un breve parapiglia tutto torna alla normalità, grazie all'intervento di una vera e propria orda di security. Delle teste di cazzo nessuna traccia...
Avenged Sevenfold:
Ovvero: come passare dalla ragione al torto in due nanosecondi! Tutto nasce al termine del primo brano della band, quando dal pubblico si leva un irriverente MAI-DEN! MAI-DEN! Il cantante non ci sta, sfanculando bellamente la platea italiana che si ribella con un fitto lancio di oggetti. Il concerto/tiro al bersaglio prosegue, mentre i chitarristi mostrano il dito medio alla folla inferocita. La situazione torna tranquilla solo quando il quintetto esegue la cover di Walk in omaggio al copianto Dimebag Darrell. Gli Avenged, però, evidentemente risentiti dal comportamento dei fans, decidono di stoppare la canzone a metà, provocando un nuovo lancio di tartine, bottiglie di plastica e liquami non meglio identificati. Il resto dello show prosegue nella più totale indifferenza, accompagnato da cori incessanti inneggianti agli headliner. Certo che quando si suona prima di un gruppo che si chiama Iron Maiden, un po' di umiltà non guasterebbe...
Iron Maiden:
La sera scende su Bologna, portando con sé un po' di refrigerio. La tensione è alle stelle e dopo il completo naufragio targato Avenged Sevenfold, è finalmente il momento di accogliere i beniamini della giornata. Non appena la voce di Winston Churchill riecheggia dagli speaker, l'arena esplode. Nicko McBrain si accomoda dietro le pelli e saluta il pubblico in delirio, sfoggiando i soliti piedoni al vento e bacchette a portata di mano. L'attacco di Aces High genera un autentico putiferio e la voce di Dickinson stenta a stagliarsi sopra a quelle degli oltre trentamila presenti. Steve Harris punta il basso contro le prime file e digrigna i denti, mentre la premiata ditta Murray-Smith-Gers non perde un colpo. Al termine dell'opener track è il momento di 2 Minutes to Midnight: come da copione. La riproposizione del datatissimo Slavery Tour '86 rimane fedele fino a Revelation, al termine della quale c'è spazio per l'adrenalinica Wasted Years. Il momento più alto dello show è raggiunto dalla monumetale Rime of the Ancient Mariner, vero e proprio tripudio di suoni, luci, costumi e fuochi pirotecnici.
Eccone un estratto già finito su You Tube...
Il resto dello spettacolo fila via in un batter d'occhio, snocciolando perle del calibro di Run to the Hills, Can I play with Madness e la quasi dimenticata Powerslave. Sul ritmo incalzante di Iron Maiden, Eddie entra in scena in stile "mummia faraonica", concludendo l'operazione nostalgia iniziata più di vent'anni fa con lo straclassico Live After Death.
Dopo il consueto momento di pausa, la Vergine di Ferro torna sul palco per le conclusive Moonchild, The Calirvoyant e Hallowed be Thy Name. Non fosse stato per qualche svarione dei fonici, si sarebbe trattato di un concerto divino.
Invece, è stato soltanto indimenticabile.
Up the Irons!
3 commenti:
DIO CHE INVIDIA!!!
"Revelation" dal vivo sarebbe stata per me una di quelle cose per cui poi avrei detto: ora posso crepare in pace.
sotto con la seconda parte, Very Violent Dave!
Dalla foto emerge anche il profumo che devono avere quelle scarpe...
@ Alex: Arriva, arriva...
@ Danilo: Soprattutto quello!
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