martedì 5 agosto 2008

Are you ready for war?!?

Io lo sono, e voi?
Dopo una pesantissima mesata di spostamenti di scatoloni, mobili, elettrodomestici e quant'altro, rieccomi nel Sotterraneo pronto alla pugna!

Allora...

Se non ricordo male, devo ancora parlarvi di quello che, a mio avviso, è stato il miglior concerto del Gods of Metal 2008.
Mi riferisco all'ennesima calata italica dei macellai californiani, ovviamente...
Signore e signori: gli SLAYER!

Devo ammettere che prima che luci si spegnessero e le mani cominciassero ad agitarsi in aria, ero piuttosto scettico riguardo lo spettacolo che mi attendeva.
Negli ultimi concerti di Araya e Co, infatti, avevo notato una certa "scazzataggine": show cortissimi (un'ora e dieci a dir tanto), presenza scenica ridotta all'osso, zero rapporto con i fan (giusto un "Thank you very much!" in chiusura).
Invece, questa volta, il quartetto creatore della musica estrema (al quale death e black saranno eterni debitori) è apparso subito in gran spolvero...

Si parte con l'opener "Diciple", seguita a ruota da altri due pezzi recenti.
Il pubblico si dimostra tiepido, con qualche roccolo di pogo che stenta a dilagare come dovrebbe.
Con il quarto brano, però, le cose cambiano.
Quello che segue è un resoconto dettagliato dell'inizio della fine (oltre che il motivo per il quale - posizionandomi quasi sempre a metà strada tra mixer e palco - evito accuratamente di portare con me macchine fotografiche et similia):



Da qui in avanti la devastazione è totale, con una scaletta terrificante, da far tremare i polsi.
Le moderne scudisciate di "Jihad" e "Payback" si alternano agli storici cavalli di battaglia, tra i quali spicca la (in)dimenticata "Ghost of war".
La risposta del pubblico è incredibile, con gente che vola da tutte le parti, manco fosse un film di Bud Spencer. "Dead Skin Mask" e "Mandatory Suicide" chiudono in bellezza la gig... ma tutti sanno che non è ancora tempo di dormire.
Dopo qualche minuto di buio totale e cori ininterrotti inneggianti alla band, Araya torna sul palco col suo sorriso sornione, seguito a ruota da Hannemann e King alle asce e il redivivo Lombardo dietro le pelli.
E' il momento di "South of Heaven", "Postmortem", "Raining Blood" e "Angel of Death".
Il delirio diventa quasi incontrollabile, con diverse facce sanguinanti ma felici che zompettano intorno al sottoscritto scuotendo i capoccioni. ll frontman si concede addirittura un applauso rivolto al gigantesco mosh-pit creatosi davanti al palco, nelle zone limitrofe, sulla collinetta in fondo...
Al temine di una prestazione pressochè perfetta, il mio orologio contava un'ora e cinquanta di musica...
Alla faccia dell'età!

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