lunedì 13 ottobre 2008

Sono incontentabile?


Il momento di felicità (professionale) dello scrittore sta sempre prima e dopo. Mai durante.
Questo, per quanto concerne la mia esperienza personale, credo di poterlo affermare con certezza.

Ogni volta che mi spremo le meningi per buttar giù un soggetto sono già in fase di sceneggiatura. Penso a come risolvere questa o quella scena, pregusto il montaggio e la scansione, mi perdo nei gratificanti particolari della tecnica pura. Immagino il prodotto finito, insomma: le inquadrature, i movimenti di camera, gli attori di riferimento per i singoli personaggi, eccetera eccetera.
E probabilmente è un bene...

Stessa cosa mentre il cursore di Word rimbalza tra una tavola sceneggiata e l'altra. Lì la mia fantasia sente lo sfrenato bisogno di creare nuovi intrecci narrativi, muoversi in mondi che il soggetto su cui si sta lavorando non consente, generare nuove dinamiche e situazioni. In quel momento, la tecnica va stretta come la scarpetta di Cenerentola sul piedone adunco di un Urukai, tanto indispensabile quanto coercitiva.

Sono io che sono incontentebile o è la naturale evoluzione di qualsiasi processo creativo?

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